
Antonio Balsamo(1), Silvano Bertelloni(2), Franco D’Alberton(1), Giacinto Marrocco(3)
1)Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, UO Pediatria, Programma Endocrinologia Pediatrica, AOU Policlinico S.Orsola-Malpighi; 2)UO Pediatria 1, AOU Pisa; 3)Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS-UOC Chirurgia Pediatrica, Roma
Il sesso, inteso come la mescolanza di genomi tramite meiosi e fusione dei gameti, è pressoché universale per i sistemi di vita eucariotici e comprende una gamma diversificata di sistemi e funzioni [1]. Una delle funzioni principali del sesso è quello di riunire gli alleli ereditati da persone diverse, permettendo una vantaggiosa variabilità genetica che altrimenti rimarrebbe inespressa. Mentre molti organismi unicellulari producono gameti di uguali dimensioni (isogamia), nella maggior parte degli organismi multicellulari la riproduzione sessuale ha portato all’evoluzione di gameti maschili e femminili di differenti dimensioni (anisogamia) e, spesso, all’evoluzione di due sessi distinti [2].Sebbene il risultato dello “sviluppo” del sesso sia fortemente conservato (maschio o femmina), un numero sorprendente di meccanismi subordinati può innescare lo sviluppo sia come maschio che femmina . Negli esseri umani, il sesso è determinato dai cromosomi sessuali (femmine XX, maschi XY). I cromosomi X e Y portano numeri e set di geni radicalmente diversi (circa 1.000 geni sulla X e solo poche decine di geni sull’ Y), nonostante siano stati originati da autosomi comuni durante l’evoluzione dei mammiferi. Una serie di ricombinazioni seguita da perdita di materiale genetico sul gene Y ha portato alla differenziazione morfologica dei cromosomi sessuali [3]. La maggior parte dei geni sui cromosomi sessuali non sono direttamente coinvolti nella determinazione sessuale, e lo sviluppo di un maschio o di una femmina per lungo tempo è stato attribuito principalmente alla presenza di un singolo locus, il gene SRYsul cromosoma Y, maschio-limitante. In realtà studi più recenti hanno dimostrato che questo caposaldo è molto più “variabile” di quanto ipotizzato e meccanismi alternativi possono innescare uno sviluppo sessuale diverso da quello atteso in base al cariotipo di partenza.
Con l’ inizio del nuovo millennio, infatti, l’idea che lo sviluppo in senso femminile fosse un’opzione predefinita passiva è stato rovesciato dalla scoperta dei geni che promuovono attivamente lo sviluppo delle ovaie e sopprimono il programma testicolare.
Esemplificativo a questo riguardo è un articolo pubblicato nel 2015 il cui titolo “Sex redefined” [6]prefigura lo spettro di differenze che possono essere presenti in questo aspetto dello sviluppo umano e di cui viene riproposta una tabella modificata (Tabella 1).
Tabella. Spettro della variabilità del sesso cromosomico, gonadico, fenotipico nella razza umana [6, mod.]
Fenotipo | Maschio tipico | Differenze
lievi |
Differenze moderate | 46,XY DSD | DSD ovotesticolare |
46,XX DSD testicolare | Moderate variazioni | Sottili variazioni | Femmina tipica |
Cromosomi
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XY
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XY
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XY
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XY
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XY, XX o un misto di entrambi | XX | XX | XX | |
Gonadi
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Testicoli
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Testicoli
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Testicoli | Tessuto sia ovarico che testicolare | Piccoli testicoli | Ovaie | Ovaie | Ovaie | |
Genitali
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Genitali interni ed esterni maschili
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Genitali interni ed esterni maschili
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Genitali esterni maschili, ipospadia
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Spesso “ambigui” | “ambigui” | Genitali esterni maschili | Genitali esterni maschili ed interni femminili | Genitali esterni ed interni femminili | Genitali interni ed esterni femminili |
Altre caratteristiche/ esempi | Caratteristiche sessuali secondarie maschili | Oligospermia, bassa fertilità | 1:250-1:400 neonati | La sindrome da “persistenza dei dotti di Muller” presenta testicoli e genitali esterni maschili, m,a anche utero e tube | Rare segnalazioni di persone XY che concepiscono e crescono un figlio sano | Causato generalmente dalla presenza del gene SRY | Eccesso di ormoni sessuali maschili | Insufficienza ovarica precoce o ovaio policistico | Caratteristiche sessuali secondarie femminili |
Pertanto, il sesso può essere molto più complicato di quanto in un primo momento possa sembrare. Secondo la visione più semplice, la presenza o l’assenza di un cromosoma Y è quello che conta: con esso si è “maschio, e senza di esso si è “femmine”. Al contrario, chi si occupa di “differenze dello sviluppo del sesso” sa che alcune persone si trovano a cavallo, nel senso che i loro cromosomi sessuali affermano una cosa, ma le loro gonadi (ovaie o testicoli) ne dichiarano un’altra.
Come anticipato, quando entra in campo la genetica, il confine tra i sessi diventa ancora più sfocata. Infatti, gli studiosi hanno identificato un numero sempre maggiore di geni coinvolti nelle principali forme di DSD ( acronimo Inglese per “Differences of sex Development”), e la loro scoperta ha permesso di comprendere da un lato la patogenesi di forme di differenze dello sviluppo del sesso precedentemente senza diagnosi e dall’altro che variazioni di questi geni possono avere effetti sottili sul sesso anatomico o fisiologico della persona. L’evidenza che esistessero geni per fattori di trascrizione sesso-determinanti e molecole-segnale è emerso inizialmente dall’identificazione di anomalie cromosomiche e successivamente dalla identificazione di mutazioni genetiche in persone con DSD gonadico [7]. Tra i geni identificati vi erano: SRY, SOX9, NR5A1, WT1, DAX1, WNT4, CBX2, DMRT1, e GATA4. Da questi studi è derivata l’acquisizione che la dose del gene e il livello di espressione genetica risultante può essere critica per la determinazione testicolare. L’espressione di una singola copia dei geni SOX9 , SF1, e WT1, così come duplicazioni dei geni DAX1 e WNT4 in persone con cariotipo 46,XY possono condurre a disgenesia gonadica, mentre duplicazioni dei geni SOX9 o SOX3 possono portare a 46,XX DSD testicolare [7] . Ulteriori studi più recenti hanno scoperto che specifiche mutazioni attivanti nel gene trasduttore di segnali, MAP3K1, causano disgenesia gonadica parziale o completa alterando le attività di molecole segnale e fattori di trascrizione, compresi la β-catenina e SOX9. Molti di questi nuovi geni sono stati identificati mediante l’applicazione di moderne tecnologie, comprese l’ibridizzazione genomica comparativa (CGH array) ed il sequenziamento del genoma. Insieme, questi recenti sviluppi forniscono una visione più ampia del controllo genetico della determinazione del sesso e delle sue “differenze”.
Infine, le nuove tecnologie nel sequenziamento del DNA e la biologia cellulare stanno rivelando che ognuno di noi è, a vari livelli, un mosaico di cellule geneticamente distinte, alcune con un sesso che potrebbe non corrispondere a quello del resto del loro corpo. Alcuni studi suggeriscono che il sesso di ogni cellula possa influenzare il comportamento generale dell’individuo attraverso una rete complessa di interazioni molecolari. Queste scoperte mal si conciliano con un mondo in cui il sesso è ancora definito in termini binari. Pochi sistemi giuridici consentono una qualsiasi ambiguità del sesso biologico, mentre i diritti legali di una persona ed il suo status sociale possono essere fortemente influenzati se il loro certificato di nascita dice maschio o femmina. Il problema principale nel caso di una forte dicotomia, è che ci sono casi intermedi che forzano i confini e ci chiedono di capire esattamente dove posizionare la linea di demarcazione tra maschi e femmine. E questo è spesso un problema molto difficile , perché il sesso può essere definito in modi molto diversi [6]. L’evoluzione delle metodiche di studio del genoma consentirà di ampliare ulteriormente lo spettro di condizioni note e auspicabilmente renderà più motivato e personalizzato ogni intervento in questo campo.
Mentre la salute generale e le capacità cognitive delle persone con DSD sono solitamente normali, la diagnosi può risultare difficile per il probando e i suoi genitori [8]. Gli individui potrebbero essere assegnati a un sesso di crescita discordante dalla propria identità di genere e talvolta ciò può condurre a una successiva insoddisfazione di genere e potrebbe richiedere una riassegnazione. Il probando può aver bisogno di una chirurgia correttiva dei genitali esterni ed interni, della rimozione parziale o completa delle gonadi disgenetiche o di un ovotestis, dell’eventuale riposizionamento delle gonadi, e di una terapia ormonale sostitutiva (TOS) nell’infanzia o nell’adolescenza, continuando fino all’età adulta. Inoltre, il probando potrebbe non essere l’unico membro portatore della condizione nella famiglia.
Nei paragrafi che seguono verranno descritte, oltre le più comuni cause di DSD, i più recenti sviluppi nella genetica di queste condizioni e la multidisciplinarità indispensabile per la loro “cura”.
Bibliografia.
[1] D. Bachtrog, J. E. Mank, C. L. Peichel, M. Kirkpatrick, S. P. Otto, T.-L. Ashman, M. W. Hahn, J. Kitano, I. Mayrose, R. Ming, N. Perrin, L. Ross, N. Valenzuela, and J. C. Vamosi, “Sex determination: why so many ways of doing it?,” PLoS Biol., vol. 12, no. 7, p. e1001899, Jul. 2014.
[2] Otto SP, “The evolutionary enigma of sex.,” Am Nat., vol. 174 Suppl , 2009.
[3] B. Charlesworth, “The evolution of chromosomal sex determination and dosage compensation.,” Curr. Biol., vol. 6, no. 2, pp. 149–162, 1996.
[4] B. K. Jordan, M. Mohammed, S. T. Ching, E. Délot, X. N. Chen, P. Dewing, a Swain, P. N. Rao, B. R. Elejalde, and E. Vilain, “Up-regulation of WNT-4 signaling and dosage-sensitive sex reversal in humans.,” Am. J. Hum. Genet., vol. 68, no. 5, pp. 1102–1109, 2001.
[5] S. Tomaselli, F. Megiorni, L. Lin, M. C. Mazzilli, D. Gerrelli, S. Majore, P. Grammatico, and J. C. Achermann, “Human RSPO1/R-spondin1 is expressed during early ovary development and augments β-catenin signaling,” PLoS One, vol. 6, no. 1, 2011.
[6] B. Y. C. Ainsworth, “Sex Redefined,” Nature, vol. 518, pp. 288–291, 2015.
[7] H. Ostrer, “Disorders of sex development (DSDs): An update,” J. Clin. Endocrinol. Metab., vol. 99, no. January, pp. 1503–1509, 2014.
[8] J. Schober, A. Nordenström, P. Hoebeke, P. Lee, C. Houk, L. Looijenga, G. Manzoni, W. Reiner, and C. Woodhouse, “Disorders of sex development: summaries of long-term outcome studies.,” J. Pediatr. Urol., vol. 8, no. 6, pp. 616–23, Dec. 2012.